27 Gennaio 2020

Agricoltura: in Italia boom di imprese under35, Paese in vantaggio sul green deal europeo

Italia in pole position sul green deal europeo. Grande merito va ai giovani imprenditori italiani: sono oltre 56mila gli under 35 alla guida di imprese agricole; +12% in soli cinque anni. Questa la fotografia scattata da Coldiretti su dati Infocamere. 

Creazione di nuovi posti di lavoro, opportunità di crescita professionale, prospettive di sviluppo per l’economia del Paese. Sono queste le molteplici potenzialità riconosciute dai giovani imprenditori italiani al settore agricolo e, in nome delle quali, un numero sempre maggiore di under 35 ha deciso di ritornare alla terra investendo in nuove imprese agricole.  

Stando alle elaborazioni di Coldiretti su dati Infocamere, sono oltre 548 mila le aziende italiane guidate da under 35 e il 10% opera nel settore agricolo. Si tratta di attività dinamiche, originali e innovative, nate dalla capacità della nuova generazione imprenditoriale del Paese, di guardare alla terra in modo nuovo e trarre beneficio dalla multifunzionalità del settore, sfruttandone le potenzialità a 360°. 

Sette imprese under 35 su dieci si occupano di attività che spaziano dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta; dalle fattorie didattiche agli agriasilo; dall’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, fino alla sistemazione di parchi, giardini, strade; e ancora, agribenessere, cura del paesaggio e produzione di energie rinnovabili. 

I tentativi di innovazione dei giovani agricoltori italiani, uniti alla crescente attenzione verso la sostenibilità e alla comprovata salubrità e sicurezza dei prodotti agricoli italiani fa del Paese, un leader del green deal a livello mondiale. Quella italiana, grazie alle 299 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Dop, si attesta infatti come l’agricoltura più green d’Europa. In più, i 72mila operatori impiegati nel biologico e le 40mila aziende agricole impegnate nel custodire semi o piante a rischio di estinzione, consegnano al Paese anche la leadership nel biologico

Una sfida, quella dei giovani agricoltori italiani, che si sta dimostrando del tutto vincente. Le aziende agricole under 35 possono vantare una superficie superiore di oltre il 54%, un fatturato più alto del 75% e il 50% di occupati per azienda in più rispetto alla media. Risultati strettamente connessi alla capacità di fare innovazione anche nel settore agricolo, strada già percorsa dal 57% dei giovani agricoltori. 

Alla guida di queste aziende, non solo ragazzi nati e cresciuti nelle aziende della propria famiglia, ma anche un crescente numero di “agricoltori di prima generazione”. Si tratta di giovani –  di cui più della metà laureati – che, pur provenendo da mondi professionali diversi, hanno deciso di cogliere la sfida del ritorno alla campagna. Una scelta coraggiosa di cui il 74% si dice orgoglioso e che ha reso il 78% degli under 35 che vi si sono lanciati, più contenti di prima.  Rilevante anche la presenza femminile pari a 1/3 del totale (32%). 

Eppure gli ostacoli sono tanti. A porre un freno all’entusiastico ritorno dei giovani imprenditori italiani alla terra, soprattutto la burocrazia, la vera “gabbia” del Paese. Lo dimostrano i dati relativi all’impiego delle risorse UE stanziate a favore dei Piani di sviluppo rurale (PSR) per il ciclo di programmazione 2014-2020. 

Basti pensare che tra i quasi 39mila soggetti che hanno presentato progetti imprenditoriali, il 55% (oltre 20mila domande) è stato respinto a causa degli errori di programmazione delle amministrazioni regionali che, tra l’altro, tolgono all’economia del Paese, un valore aggiunto potenziale di mezzo miliardo all’anno. 

Ad essere penalizzati, soprattutto i giovani meridionali: se in Lombardia è stato bocciato solo il 13% dei progetti presentati per i bandi PSR, in Emilia-Romagna il 16%, in Trentino il 22% e in Valle d’Aosta il 23%; nelle regioni del Sud Italia le percentuali superano il 75%.

Il quadro peggiore in Basilicata dove, ad essere respinto, è stato il 78% delle domande presentate. Inefficienze anche in Calabria, in cui la percentuale di progetti non ammessi è pari al 76%. Non migliora la situazione in Puglia che, oltre che far contare il 75% di domande respinte, risulta non aver pagato nessuna delle domande ammesse. 

A risentire degli errori e delle inefficienze della lenta macchina burocratica italiana, anche l’attività dell’azienda, a cui sottrae fino a 100 giorni all’anno di lavoro. Non è un caso che in Italia la complessità delle procedure amministrative venga percepita come un problema  dall’84% degli imprenditori contro una media europea del 60%.