17 Settembre 2019

AI, automazione e lavoro: rischi e benefici di un fenomeno a due facce

Il processo di digitalizzazione entra nel vivo attraverso lo sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate, e la paura che le macchine automatizzate possano rubare il lavoro all’uomo cresce. Gli impatti dell’automazione sul mercato del lavoro, sono diversi a seconda del Paese, del settore industriale e della tipologia di lavoratore. Si tratta di un fenomeno complesso che, accanto ai rischi, promette importanti benefici. Scopriamoli.

La digitalizzazione della società avanza portando a una trasformazione del lavoro tanto profonda da far presagire quella che in molti definiscono “la quarta rivoluzione industriale”. L’intelligenza artificiale (AI), la robotica e altre forme di “automazione intelligente” – seppur con significative differenze tra Paesi – si sviluppano velocemente e sembrano avere il potenziale per apportare grandi benefici all’economia, aumentando la produttività e creando nuovi e migliori prodotti e servizi. Ma, se da un lato, le nuove tecnologie si pongono come la chiave di volta per le economie avanzate di Stati Uniti, Unione Europea e Giappone, provate dal crollo della crescita della produttività; dall’altro potrebbero condurre a rischi di non poco conto.

Ad abbattersi sull’automazione, lo spettro della disoccupazione. Secondo il recente studio globale realizzato da PWC, “Will robots really steal our jobs?”, infatti, il 37% dei lavoratori teme che le macchine automatizzate possano sostituirsi al lavoro dell’uomo. La maturazione del fenomeno determinerà la scomparsa di numerose mansione e la loro sostituzione con software sofisticati in grado di svolgere in modo più veloce e preciso quanto fin’ora realizzato dall’uomo.

Nello specifico, lo studio mira ad indagare le ripercussioni che il massiccio ricorso a macchine automatizzate potrebbe avere sul mercato del lavoro e sui lavoratori dei 27 Paesi dell’Ocse, più Russia e Singapore.

Si ipotizza che il processo di automazione globale, fino agli anni 2030, si svolgerà in tre ondate sovrapposte:

1- Ondata algoritmica: l’automazione si limiterà a semplici compiti computazionali e ad analisi di dati strutturati. I settori chiamati in causa da questa prima fase, già ben avviata, sono quello della finanza, dell’informazione e delle comunicazioni.

2- Ondata di potenziamento: ad essere automatizzati saranno compiti ripetibili quali la compilazione di moduli, la comunicazione e lo scambio di informazioni utili a supportare il processo decisionale. La fase include, inoltre, lo sviluppo di attività robotiche in ambienti semi controllati come, ad esempio, lo spostamento di oggetti nei magazzini.

3- Ondata di autonomia: l’automazione si spingerà al lavoro fisico, ad attività che richiedono destrezza manuale e alla risoluzione di problemi in situazioni dinamiche del mondo reale che richiedono azioni reattive, come nella produzione e nel trasporto (es. veicoli senza conducente). Si tratta di tecnologie già in fase di sviluppo, per la cui piena maturità economica bisognerà attendere gli anni ’30.

Gli effetti del processi di automazione saranno differenti per ciascuna delle tre diverse ondate, sia rispetto al Paese, al settore industriale che al tipo di lavoratore.

  • Impatto potenziale per Paese

In alcune economie dell’Asia orientale o nordiche, si stima che, entro i primi anni ’30, il 20-25% dei posti di lavoro esistenti saranno esposti ad un alto rischio di automazione. La percentuale si duplica in relazione alle economie dell’Europa orientale, dove il settore industriale rappresenta ancora il principale bacino occupazionale. Per Paesi quali il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove le economie sono dominate dai servizi e si contano alte percentuali di lavoratori poco qualificati, sono previsti livelli intermedi di automazione.

  • Impatto potenziale per settore industriale

Tra i settori più sensibili al processo di automazione nel lungo periodo, compare quello dei trasporti dove è prevista l’espansione di veicoli senza conducenti. La previsione arriverà a piena realizzazione nel 2030 in corrispondenza della terza ondata di automazione autonoma. Il settore più a rischio nel breve termine, sarà quello finanziario.

  • Impatto potenziale per tipo di lavoratore

I lavoratori più esposti al rischio automazione, saranno quelli con livelli di istruzione medio-bassi. La previsione è connessa alla maggiore adattabilità dei lavoratori altamente qualificati al cambiamento tecnologico, nonché alla probabilità che essi occupino ruoli dirigenziali senior, necessari per coordinare e gestire sistemi basati sull’AI. Rispetto alla variabile età, l’automazione sembra favorire i giovani in quanto nei più adulti, soprattutto se meno istruiti, potrebbe registrarsi una certa resistenza al cambiamento.

Le indagini relative al tema, sembrano convergere sul fatto che il genere più penalizzato sarà quello femminile, soprattutto nelle prime due ondate. Si conferma il gender gap  che penalizza le donne nell’accesso al lavoro, nelle opportunità di carriera e di retribuzione. Secondo l’osservatorio JobPricing, in Italia, a luglio 2019, il gap di retribuzione tra donne e uomini – seppur in calo del 2,7% – si attesta a 2.7000 euro lordi.

Le profonde trasformazioni che stanno investendo il mercato del lavoro, rischiano di accentuare le disparità. Qualche indicazione in merito è contenuta nel report The future of women at work: transitions in the age of automation, curato dalla società di consulenza McKinsey. Nel rapporto, si stima che entro il 2030, a livello globale, l’automazione costerà il posto di lavoro a 160 milioni di donne. A rischio, soprattutto le attività femminili legate ai servizi di assistenza, ambito in cui si richiedono poche qualifiche e competenze.

  • Un fenomeno a due facce

Nonostante numerosi studi vedano nel processo di automazione, il precursore di una disoccupazione tecnologica di massa, altri vi intravedono nuove opportunità per il futuro.  Le analisi suggeriscono che, nel lungo termine, eventuali perdite di posti di lavoro, verranno compensate da nuove opportunità occupazionali che si verranno a creare a seguito della trasformazione dei sistemi produttivi e dei benefici economici che le nuove tecnologie promettono di regalare. L’utilizzo di software sempre più sofisticati richiederà attività di manutenzione e controllo, ciò condurrà alla necessità di creare nuove mansioni. Anche in questo caso si segnalano risultati differenti rispetto al genere: per le donne si prevede una crescita del 25% dei posti di lavoro nel settore manifatturiero, nonché nuove possibilità nel settore sanitario. La crescita si registrerà solo nei settori che richiedono una formazione di alto livello, mentre  i lavoratori meno istruiti, impegnati in attività facilmente sostituibili da robot, avranno la necessità di acquisire nuove competenze per farsi largo in una società fortemente digitalizzata.Per tale ragione, risulta fondamentale fornire alla forza lavoro gli strumenti necessari per accedere alle skill digitali ormai imprescindibili, e rendere il passaggio all’automazione il meno traumatico e doloroso possibile.