14 Gennaio 2020

Cnel su servizi pubblici: Italia divisa in due, costi e divario Nord-Sud in crescita

L’Italia dei servizi pubblici è divisa in due: da un lato un Nord con prestazioni maggiori e più efficienti; dall’altro un Sud sofferente e caratterizzato da fortissime criticità. Questo lo scenario tracciato dal Cnel nella Relazione 2019 al Parlamento e al Governo. I ritardi più importanti su sanità e istruzione.

Lo storico divario tra il Nord ricco ed evoluto, e il Sud povero e arretrato del Paese, non accenna a regredire. Lo testimonia la fotografia scattata dal Cnel nella Relazione 2019 al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Pubbliche amministrazioni centrali e locali a imprese e cittadini.

Il quadro emergente è allarmante. Si evidenzia, anzitutto, una forte disomogeneità nella quantità e nella qualità dei servizi pubblici erogati, sia rispetto alla distribuzione territoriale che alla condizione socio-economica dei cittadini. 

Nonostante le persistenti inefficienze, i costi continuano ad aumentare e, “in generale, i servizi delle pubbliche amministrazioni centrali e locali a cittadini e imprese hanno un elevato peso economico rispetto alla qualità delle prestazioni erogate”.

A pesare sulle tasche di cittadini e imprese sono, in primis, i costi dei servizi amministrativi, con 205 euro pro capite e un aumento del +0,6%. Elevata è anche la spesa relativa ai servizi legati all’istruzione che, nonostante le inefficienze, impegnano, mediamente, circa 681 euro per ciascun residente sui bilanci degli enti comunali. Decresce, seppur di solo un 1%, il costo dei servizi sociali, pari a 77 euro pro capite (-1%).

 

I DIPENDENTI PUBBLCI

In Italia – si legge nella Relazione – lavorano 12.874 istituzioni pubbliche  nelle quali prestano servizio circa 3,5 milioni di persone, comprese le forze armate e il personale di ambasciate e istituti di cultura all’estero. La maggior parte dei dipendenti pubblici è  impiegato nelle amministrazioni centrali (54%) e lavora soprattutto nella scuola, mentre un altro 20% è lavora nel servizio sanitario nazionale.

Tra il 1991 e il 2015 , si è registrato un calo di oltre 300.000 unità di personale. Pur rappresentando il 62,2% delle istituzioni pubbliche del Paese, i Comuni impiegano solo l’11,8% dei dipendenti pubblici.

La media italiana è di 4,6 dipendenti pubblici ogni 100 abitanti. Record per Trento e Bolzano, in cui si contano più di 7 dipendenti per ogni 100 abitanti. Si avvicinano alla media Campania e Veneto (4,3) e Puglia (4,1). In Lombardia, invece, si registrano solo 3,7 dipendenti per ogni 100 abitanti.

 

LA SANITÀ

Ad incidere in modo determinante sulla crescente ampiezza del divario tra i Nord e il Sud del Paese, il settore sanità che, mediamente, costa ai cittadini circa 655 euro all’anno. Sebbene l’Italia si collochi tra i Paesi più virtuosi sul versante sanitario, le forti disparità legate all’offerta dei servizi, ai tempi di attesa e alle differenze culturali vanno ad inficiare la performance nazionale.

Un divario, che non è solo territoriale ma anche economico e sociale e in grado di incidere tanto profondamente sulla qualità della vita, da determinare, addirittura, differenze nell’aspettativa di vita: tra gli italiani al Nord e appartenenti alla fasce sociali più ricche e quelli che vivono al Sud in condizioni più umili, si registra una differenze di circa 10 anni nell’aspettativa di vita.

Non mancano, tuttavia, le note positive. Stando alle osservazioni del Cnel, nell’ultimo anno, l’Italia ha fatto segnare un miglioramento complessivo sulla mortalità tra i 30 e i 39 anni per tumori maligni, diabete e malattie cardiovascolari.

 

GLI ASILI NIDO 

La criticità più elevata si riscontra rispetto agli asili nido con un costo medio attuale di 6.467 euro per bambino. Fatta eccezioni per pochi casi virtuosi, questo tipo di strutture risultano sottodimensionate rispetto ai bisogni dei genitori, tanto da rappresentare il più grande ostacolo alla conciliazione tra lavoro e vita privata delle donne.

La disponibilità di posti è per meno di un quarto (24%) dei bambini tra zero e tre anni. I comuni coperti dal servizio nel complesso sono poco più del 55% a fronte di un obiettivo fissato dalla riforma del 2017 del 75%.